Gianna Nannini: “Sono una madre modello e attivista su temi umanitari e civili”

di Redazione Commenta

Gianna Nannini, la rocker italiana più amata , in una intervista a Repubblica ha parlato della sua nuova vita e di come riesce a coniugare il ruolo di mamma, quello di cantante e attivista su temi umanitari e civili.

La cantante, parlando dei suo ruolo di mamma, cominciato all’età di oltre 50 anni ha detto:

Dopo la maternità mi è venuto un gran fisico, adesso mi piaccio anche dove non mi piacevo

La Nannini continua a parlare di sua figlia, Penelope che ha compiuto un anno e dice che oltre ad essere la sua mamma, è anche la sua pediatra, le fa mangiare cose salutari … ed aggiunge:

poi talvolta immergo un dito nel vino e glielo faccio succhiare, lei ne è entusiasta. Le parlo molto, per energia e sicurezza, perché cresca libera. Le insegno il pericolo, ma mai ad aver paura, non le proibisco nulla, ma cerco di renderla responsabile. Quando vuole il ciuccio per esempio, le spiego che io non sono d’accordo, e lei alla fine, di sua iniziativa, lo sputa.

La cantante, famosa da sempre per il suo look fuori dagli schemi ed il suo carattere ribelle ma pacato, ha parlato della violenza sulle donne, tema ancora poco trattato e per il quale ha composto la sigla per il programma che andrà in onda su Raiuno che parla di violenza sulle donne. Parlando della violenza, Gianna ha detto:

E’ ora di parlarne sul serio, di approfondire, al di là della cronaca e delle ciance televisive. Ogni tipo di violenza: lo stupro è una guerra, ma anche la guerra è una stupro, e in Iraq si stuprava di tutto, anche la cultura. Io a Bagdad ci sono andata perché non mi riconoscevo nell’Italia che era lì coi carri armati, e soprattutto per fare qualcosa per gli artisti iracheni e per la grande biblioteca distrutta

Per quanto riguarda la paternità della bambina, Gianna ha dichiarato:

Penelope una figura paterna ce l’ha, anche se non vive con noi. Sono cose molto private e penso che certi muri non vadano valicati neppure nella vita di una rockstar.

Parlando della sua esperienza ha dichiarato che:

Bisognerebbe discuterne di più, come ai tempi dell’autocoscienza femminista, che io ho praticato da giovanissima: anche se allora si finì col prendersi a cazzotti tra donne e a dire che il nemico era il maschio. C’è ancora troppo silenzio attorno allo stupro, ma anche alla violenza coniugale: le donne tacciono per vergogna o paura e così non si arriva mai alla radice. Infatti, quando pure si arriva al processo e lo stupratore viene condannato, cosa cambia? Non credo che l’uomo nasca stupratore, vorrei che si indagasse su cosa lo rende poi tale, ma anche si tentasse d’immaginare un nuovo tipo di mascolinità. E poi non tutte le vittime sono uguali e anche tra le donne c’è violenza: e ce ne sono che subiscono il fascino della violenza”. È un pensiero molto maschile, che qualunque donna negherebbe. “Da ragazzina avevo un insegnante di musica che veniva a casa, e che quando facevamo solfeggio mi afferrava la mano se la posava in grembo. Ero in parte inorridita e in parte incuriosita, attirata. Sono stata zitta e mi sono ribellata solo quando lui ha esagerato buttandomi per terra”

 

Photo Credits | Getty Images

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