Ylenia Carrisi, l’Interpol: “La ragazza si tuffò in acqua”

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Sono trascorsi 17 anni dalla scomparsa di Ylenia Carrisi, la figlia di Al Bano e Romina Power. Il dramma è tornato sulle pagine dei giornali a causa delle recenti dichiarazioni di Romina che, tra le tante affermazioni, ha dichiarato di essere ancora in cerca della figlia. Enzo Portaccio, capo dell’Interpol, ha rivelato nuovi particolari sulla tragica vicenda.

Queste sono state le dichiarazioni di Portaccio, riportate da Leggo:

Una ventina di giorni dopo la scomparsa di Ylenia siamo stati allertati dai carabinieri di Brindisi. Abbiamo subito contattato l’Interpol di Washington. La polizia locale aveva trovato e interrogato un testimone, il guardiano dell’acquario, che sul molo del Mississippi aveva visto una ragazza in stato confusionale. Non era in sé, forse per effetto di stupefacenti. Il guardiano aveva raccontato di averla avvicinata per accertarsi come stesse e che lei gli rispose: “L’acqua è la mia vita, io appartengo all’acqua”. Sempre secondo questa testimonianza, Ylenia si sarebbe tuffata, ma mentre nuotava, era passata una grossa imbarcazione che aveva provocato delle onde, lei era andata sott’acqua e non era più riemersa. Abbiamo verificato che Ylenia usava questa espressione: “Io appartengo all’acqua”. Inoltre abbiamo accertato che gli abiti descritti dal guardiano erano simili a dei vestiti che indossava la ragazza.

Portaccio ha concluso, parlando anche della presenza di un uomo che avrebbe potuto chiarire la situazione:

Ylenia viveva in un albergo insieme a un musicista di strada, di colore, Alexander Masakela, uno sbandato che faceva uso di droghe e ne forniva alle persone a cui si accompagnava, e che aveva precedenti per violenza sessuale. Masakela aveva preso una stanza insieme ad Ylenia, ma con letti separati. Qualche giorno dopo la scomparsa di Ylenia, Masakela tentò di pagare il conto dell’albergo con i traveller’s cheques della ragazza, mostrando anche il passaporto di Ylenia. Ma il pagamento non fu accettato perché i traveller’s cheque non erano controfirmati. Secondo noi italiani andava arrestato e con le nostri leggi lo avremmo potuto fare. La polizia americana ci disse che questi elementi non erano sufficienti per accusare o fermare Masakela per sequestro o omicidio.

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