Jackson: il rabbino Shmuley Boteach in Italia

di Redazione Commenta

Ieri, tra applausi e un po’ di malcontento, il rabbino Shmuley Boteach – autore di un libro postumo di confessioni firmate da Michael Jackson – è arrivato in Italia per partecipare a una convention milanese dedicata al Re del Pop.

Questa mattina, invece, eccolo apparire in tv a Mattino Cinque e dipingere ancora una volta la vita tra alti e bassi di Jackson.

Da piccolo suo padre gli ripeteva che era brutto. Michael voleva avere un rapporto affettuoso con lui e e mi diceva che tutto quello che aveva fatto nella sua carriera lo aveva fatto per essere amato e per sentirsi amato. Ha sempre avuto un rapporto difficile con il padre, che voleva farsi chiamare per nome, Joseph, e non papà, e che considerava suo figlio -una macchina da soldi e lo puniva duramente quando Michael non faceva quello che lui gli chiedeva. Non è mai stato abbracciato e non ha mai sentito questo amore, e voleva che i bambini fossero amati dai genitori e che fossero al primo posto.

Il rabbino ha confessato di essere a conoscenza della dipendenza di Jackson dai farmaci, anzi:

… è uno dei motivi per cui mi sono allontanato da Michael, non sopportavo di vederlo stare sempre peggio e i dottori che continuavano a prescrivergli queste medicine. Quando sei un medico hai la responsabilità di dire no, di dire basta al tuo paziente; non sei un farmacista, devi trovare una soluzione. Io, in quanto rabbino, ho cercato di aiutarlo provando a trovare le cause reali della sua sofferenza. Lui era solo e stava male e pensava che la fama lo avrebbe potuto aiutare, ma, in realtà, sappiamo che la fama e i fan non ti aiutano in questo. Michael era un’anima gentile e si accorgeva di star male ma, al tempo stesso, quello che cercava negli altri era il riconoscimento e una sensazione di perdono, e voleva che gli altri imparassero dai suoi errori. Per questo ha dato l’autorizzazione a pubblicare il libro e si è seduto con me a registrare queste cassette perché i bambini del futuro possano imparare dai suoi errori.

Peccato però che le registrazioni risalgano agli anni Novanta e il rabbino avrebbe potuto darsi una mossa molto prima.

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